Descrizione
Lilio nacque, come vuole la tradizione, nel 1510 a Psycròn, oggi Cirò, un ricco feudo che faceva parte della Calabria Latina. Cirò, nel XVI secolo, fu signoria della potente famiglia dei Carafa della Spina che, nel 1496 per l’equivalente di 19 Euro, comprarono il feudo dalla famiglia Ruffo. I Carafa dominarono il paese dal 1496 fino al 1540, quando il feudo fu ipotecato a favore di Spiuola Genonese. Nel 1543 Cirò passò agli Abenante e infine nel 1569 agli Spinelli i quali governarono il feudo fino all’abolizione.
I dati biografici di Luigi Lilio sono incerti perché i registri anagrafici dell’archivio comunale di Cirò risalgono al 1809, mentre quelli parrocchiali, che sono i più antichi, risalgono al Seicento.
Infatti, fu allora che i parroci iniziarono a registrare gli atti di nascita, battesimo, cresima e morte come stabilito dal Concilio di Trento (1545 – 1563).
Luigi Lilio ebbe almeno un fratello, Antonio, con cui condivise l’interesse per gli studi scientifici. Sono poche le vicende note della sua esistenza, tanto che in passato ne è stata persino messa in dubbio l'origine calabrese. A dissipare ogni dubbio riguardante il fatto che Cirò dette i natali a Luigi Lilio, è sufficiente leggere quanto scrisse nel 1603 il gesuita tedesco Cristoforo Clavio, matematico e membro della commissione istituita da Gregorio XIII per studiare la riforma del calendario:
“E magari fosse ancora vivo Aloysius Lilius di Hypsichronaeus (Cirò) uomo più che degno di immortalità, che fu il principale autore di una correzione tanto valida e risplendette sugli altri grazie alle cose da lui scoperte..”
Hypsichronaeus citato da Claviosignifica da Cirò o cirotano, perché Hypsichròn, classicamente Psychròn, nel 1500 era il nome da cui è derivata la parola Cirò: Ypsicròn, Psicrò, Psigrò, Zigrò, Zirò, Cirò. Altra prova inconfutabile che Cirò dette i natali a Lilio è fornita dall’umanista Giano Teseo Casopero nella lettera che nel 1535 scrive all’amico Girolamo Tigano in cui indica tra le famiglie primarie di Cirò la famiglia Giglioe, ancora, in un’altra lettera che invia allo stesso Luigi Lilio nella quale lo prega di porgere un saluto ai compaesani che dimoravano in Napoli: “nostratibus omnibus qui Neapoli degunt ex me salutem dicas”.
Nulla è noto delle condizioni sociali della sua famiglia di origine, di cui si è persa ogni traccia. Secondo la tradizione Lilio ricevette a Cirò una solida educazione umanistica da Giano Teseo Casopero, ma molto probabilmente iniziò gli studi sotto la guida dello zio materno di Casopero, il decano Antonio Spoletino, dotto umanista e canonico in S. Maria de Plateis.
Solo supposizioni possono essere fatte per gli anni della prima gioventù, poiché le uniche notizie certe risalgono agli anni Trenta del XVI secolo. Dalla lettera sopra citata, datata 28 gennaio 1532, a lui indirizzata da Giano Teseo Casopero, si apprende che Lilio non era più in Calabria, ma a Napoli, dove stava conducendo degli studi superiori di medicina, dato che Juan Salon, nel suo De Romani calendarii nova emendatione, ac Paschalis solennitatis reductione del 1576, lo qualifica come medico, oltre che come matematico: “Aloisius Lilius Medicus execellentissimus & Mathematicus haud vulgaris Alfonsum Regem in anni quantitate imitates, cyclum magnum..”
Nella Città partenopea era al servizio dei Carafa, non essendo sufficienti le sostanze paterne per sostenersi agli studi. Appresa la notizia, Casopero, che evidentemente aveva avuto modo di apprezzarne le precoci doti scientifiche, gli inviò una lettera nella quale, con tono garbato ma deciso, ammonisce Lilio e gli consiglia di dedicarsi solo agli studi.
La lettera, datata Psycrò, V Kalendas februarii MDXXXII, rappresenta uno dei due soli documenti che attestano l’esistenza in vita di Luigi Lilio. Vi si legge:
Giano Teseo Casopero
a Luigi Lilio dice salute.
“Non approvo affatto o Luigi, che tu faccia e l’uomo di studi e l’uomo di corte.
Infatti l’animo occupato a due cariche non può adempirne alcuna. Ma, se tu
costretto dalla necessità insuperabile imprendesti di servire nell’Aula Baronale,
perché le sostanze paterne non basterebbero a sostentarti per attendere unicamente
alle lettere, sii cauto a non inciampare nelle reti della seduzione per non avertene
tardi a pentire, e fa di tutto per sottrarti quanto più presto puoi dagli amplessi di lei;
poiché non potrai giammai dall’Aula ritrarre vira felicità, ed il tempo che nella
stessa consumerai sarà perduto, e non potrai più rinfrancarlo. Sarà tua cura dare
esca agli uomini e scoprire sempre qualcosa di nuovo, in modo che, col favore di
Mercurio, tu possa procurarti alquanto denaro e vendere a buon prezzo l’arte tua,
essendo padrone di te stesso; ciò che ridonderà in tua gran lode e gloria, come colui
che occupato onestamente vivrà o con niuno, o col minimo dispendio del tuo
patrimonio famigliare. Conservati e porgi da parte mia, un saluto a tutti i nostri
compaesani che dimorano a Napoli. Da Psycro 28 gennaio 1532”
Lilio a Napoli si trovò a studiare in una realtà molto stimolante. In quegli anni (1532 – 1540) nella città partenopea si trovavano poeti e studiosi calabresi, accomunati dall’amore per i classici e
di notevole spessore culturale. La maggior parte di essi proveniva dalla celebre scuola cosentina del Parrasio e frequentavano la splendida Villa Leucopetra. La Villa, sede di una vera e propria Accademia, raccoglieva i migliori ingegni dell’Italia meridionale, i quali ebbero a Napoli e a Roma un notevole ruolo nella vita politica, civile e religiosa.
Della presenza di Luigi a Napoli, in assenza di fonti documentarie, si possono fare solo ipotesi. Non è rimasta traccia di Luigi e Antonio Lilio nemmeno nei registri dell’Università di Napoli perché nella prima metà del Cinquecento all’Università di Napoli si accedeva senza obblighi di matricola e di frequenza. Soltanto nel 1562 il governo spagnolo ordinò di tenere un registro delle matricole.
Conseguita la laurea in medicina, Luigi Lilio si trasferisce a Roma dove, con l’esperienza scientifica maturata a Napoli, concepì e maturò la riforma del calendario. Probabilmente gli spianarono la strada verso la capitale dello Stato Pontificio le conoscenze che aveva acquisito nella Villa Leucopetra, oppure un ruolo decisivo fu svolto da Guglielmo Sirleto che si trovava a Napoli negli stessi anni in cui vi dimorava Lilio.
Guglielmo Sirleto, nato nel 1514 a Stilo in Calabria, ebbe una grandissima influenza sui lavori per la riforma del Calendario condotti dalla Commissione istituita da papa Gregorio XIII. Fu un vero mecenate dei suoi conterranei ed è ragionevole supporre che fu egli a convincere Lilio a trasferirsi a Roma, dove lo introdusse negli alti ambienti ecclesiastici. In mancanza di documenti certi non sappiamo nulla della vita di Lilio a Roma, al contrario, sulla base di un’inoppugnabile fonte documentaria, sappiamo che Lilio nel 1552 si trovava a Perugia.
Sebbene nessun atto dell’Università di Perugia dimostri che Lilio sia stato docente a Perugia, una lettera autografa datata 25 settembre 1552 e indirizzata dal cardinale Marcello Cervini a Guglielmo Sirleto, attesta che in quel periodo "messer Aluigi Gigli" era lettore di medicina presso lo Studio perugino. Con l’intento di assicurare a Lilio un aumento di stipendio, che sarebbe stato concesso ai migliori lettori dello Studio perugino, il cardinale Marcello Cervini pregava Guglielmo Sirleto di intervenire personalmente presso il cardinale Girolamo Dandini, potente esponente della Chiesa.
Il primo a dare notizie di questa lettera, e a indicare il posto dove poteva essere trovata, è il tedesco Josef Schmid, autore di una pubblicazione fondamentale sulla riforma. Ma, come riferisce lo studioso August Ziggelaar della Royal Danish School di Copenaghen, i tentativi per ritrovarla furono vani poiché la lettera non esisteva secondo le indicazioni riferite: “He taught medicine at The University of Perugia in 1552 according to Schmid, who refers to Bib.Vat., Cod. Vat. Lat., 6179, 25, but I did not find this at the indicate place”. La lettera, ritrovata dall’autore del presente articolo,ormai quasi illeggibile, è stata interamente trascritta con l’aiuto dello storico Giovanni Murano. Vi si legge:
“Messer Guglielmo carissimo. So stato alquanto pensando se dovevo scrivere questa lettera alla Signoria Ill.ma mia Dandini e a voi che gliela leggerete, et finalmente mi so risoluto per esser voi †…† informato di messer Aluigi Gigli, lettor di medicina in Perugia, et raccomandare di che io la servirò, di indrizarla a voi come a quello che potrete dar più particolare informatione a Sua Signoria Reverendissima di lui che non haria fatto io con una semplice lettera. Visitarete adonque prima Sua Signoria Reverendissima in nome mio et appresso li direte che havendo io inteso com’ella ha preso già protettione del detto messer Aluigi, secondo il solito della cortesia sua, non posso fare di non rendergliene grazie aiutando una persona così dotta et dabene, come voi sapete che è questa, la quale, per quanto intendo, è molto grata a tutto quello Studio. Et perciò, dandone informatione a Sua Signoria Reverendissima, la pregherete in mio nome a voler continuare di aiutarlo particolarmente in lo agumento da farsi in breve di certa quantità di danari, qual par che s’abbia a distribuir tra quelli lettori, che seran più conosciuti e haranno maggior favore. La onde se Sua Signoria Reverendissima si degnarà continuar d’interporre l’opra sua acciò che messere Aluigi non venga scordato, oltra che farà cosa degna di lui, io ancora la riterrò molto grata. Et con questo fine basate le manj santamente in nome mio a Sua Signoria Reverendissima. Che nostro Signore Dio vi conservi in sua gratia. Data Ab†...† alli 25 di settembre MDLII”.
M. Card.lis Sanctae Ecclesiae
Le due lettere riportate, quella firmata da Giano Teseo Casopero e quest’ultima da Marcello Cervini, sono gli unici documenti che riportano notizie certe sulla vita dello scienziato cirotano. In assenza di queste due lettere si potrebbe persino affermare che Lilio non sia mai esistito se non nell’immaginazione di suo fratello Antonio.
Anche gli ultimi anni della vita di Luigi Lilio sono un mistero. Sappiamo soltanto che morì, in data imprecisata, prima dell’attuazione della riforma, lasciando al fratello Antonio la cura di divulgare il suo lavoro. In assenza di dati certi, molti studiosi concordano nel dire che la morte lo colse a Roma nel 1576, ma si può affermare che, con buone probabilità, la morte lo colse prima del 1574, anno in cui non era certamente in vita. Infatti, è nel 1574 che Alessandro Piccolomini ebbe modo di farsi illustrare l'ipotesi di riforma non da Luigi, ma da Antonio. Questa circostanza induce a pensare che Luigi fosse già morto, ma non sappiamo dove.